CHI SONO…
Luciano Munzi vive e dipinge a Otricoli (TR), in campagna, in uno spazio che comprende la casa, lo studio e i locali dove i figli svolgono con professionalità e competenza l’attività di restauro, dai dipinti, ai mobili, alle pietre e a tutto ciò che può assumere valore dal solo fatto di essere “vecchio” e di ottima qualità.
Anche Luciano ha svolto per lunghi anni l’attività di antiquario, trovando nelle campagne umbre, toscane e marchigiane gli oggetti da proporre ai privati e agli antiquari che si affidavano con fiducia alle sue proficue ricerche.
Ha partecipato a numerose rassegne collettive in Italia e all’estero. Ha allestito mostre personali riscuotendo vivo successo di pubblico e di critica.
DICONO DI ME…
“[…]Tutto ciò traspare dai suoi quadri, che conservano nelle forme proprie dell’arte pittorica il sapore di un’esistenza volta a cogliere nei quadri, nei mobili e negli arredi d’altri tempi, quei valori assoluti che determinano il loro fascino. A ciò si aggiungano il cielo terso della campagna, le case dei borghi umbri con i campanili che segnano nella fede percorsi millenari, fino al vicino Tevere e la vegetazione riparia, con cenni che rimandano ai frutteti e agli orti prossimi ai casali, gelosi custodi di sapori antichi. Le tele, poi, si arricchiscono di valori plastici puri con l’aggiunta di cornici, ante, legni e oggetti che fissano con la loro forza i punti salienti del messaggio artistico: l’ambiente, così come si configura, è la scenografia sulla quale adagiare l’esistenza umana, che Luciano distribuisce sulle tele con estrema parsimonia e nobiltà. L’uomo, in effetti, è il calibro con quale si misura l’intero assemblaggio proposto, ma la sua presenza è più che altro metaforica, suggerita, quasi dando per scontato che non sia del tutto necessario proporre con forme dichiarate la vera essenza delle persone, il loro animo, il loro vissuto, il sublime bagaglio dei ricordi e della memoria. In estrema sintesi, quindi, la pittura dell’amico Luciano, che posso chiamare così conoscendolo da quasi mezzo secolo, diventa indispensabile per fissare nelle superfici, dipinte e trattate con mezzi diversi, i valori esistenziali che in apparenza sembrano emergere dal suo pennello, mentre è la tela che assorbe e restituisce a chi guarda la somma del proprio vissuto. – Giorgio Felini – ”
“[…]E’ espressione esemplare di una <<vocazione>> alla pittura e all’arte maturata come compimento di una ricerca rigorosa, artigiana e di una istintiva, solida creatività […] L’appassionata partecipazione alle vicende dell’arte, nello studio di <<maestri>> che hanno dato alla sua <<sensibilità>> gli elementi di una salda e aperta cultura. Autodidatta […] Fondamentale il suo incontro con Giotto, con il Perugino e Raffaello con quella che prima che storia dell’arte è natura e realtà, mondo, come del presente Dottori, Burri, Brunori, D’Orazio non casualmente così intimamente legati all’Umbria, come origine, e come luogo di lezione. Questa lezione ha vissuto entro il territorio di una più immediata espressività, nello spirito di quel francescanesimo che è diretto segno dell’esistenza e del paesaggio, con un rigore che i lunghi anni di consuetudine con l’attività sempre viva, di restauratore e di antiquario hanno rafforzato e consolidato in sicurezza di opere e di esiti. […] – Elio Mercuri -”
“[…] La ricerca di Munzi è tutta contemporanea, fatta di sussulti e rapide esplosioni delicatezze e violenze. E tutto con il colore che segna l’avvento d’una luce che sgorga dal cuore della terra. Dunque non è un commento lirico alla sostanza delle cose ma una partecipazione spontanea alla nascita dei profili e delle sagome d’un paese, del regno del probabile e del possibile. Gli umori di Munzi non si disperdono però ma si raccolgono in una capacità sintetica che riesce a contenere la stessa traboccante natura del suo impegno cromatico. La novità di Munzi […] sta proprio in una tendenza all’analisi, a cogliere dal furore magmatico il filo d’una rabbia razionale, d’un urto che si trasforma nel fiore della poesia. […] In Luciano v’è invece come una caparbia volontà di cogliersi in flagrante e autopunirsi in un gioco sado-masochista divertito e intelligente. Fa pensare allora a certe movimentate <<scene>> di Vlamink senza averne la saggia e martoriante angoscia. La vena di Munzi si placa nella contaminazione del colore con i sapori aspri dell’ordito in cui rintraccia i nessi tonali con lo stupore e la sorpresa d’una ragione ancora verde anche se acuta. […] Quello che sorprende noi è la forza esplosiva e rifrangente. […] Il suo linguaggio cromatico malgrado la tellurica esuberanza segna una favola senza memoria e di continua dinamica attualistica. […] – Vito Riviello – ”
“[…] Il colore intenso come elemento lirico e il vissuto come momento drammatico. […] Stupisce anche la dicotomia tra tutto quanto sopradetto e il costante tentativo di ordinare ritmi e necessità gestuali, memorie e visioni del paesaggio, in costruzioni che rispecchino, contemporaneamente, un temperamento di intensa poeticità e di libero e assoluto prorompere delle visioni fauvistiche e oniriche. […] Munzi porta dentro di se tutte le armonie e tutte le lacerazioni che ha respirato fin dall’infanzia. Sa diventarne interprete in qualche modo, farsene carico, con un linguaggio allo stesso tempo forte e dolce, sinfonia potente e delicato arpeggio di solista. anche il contrasto tra reale e immaginato, tra certezza e sogno, resta nei limiti di un’ambiguità possibile, di un abbandono alle antiche memorie e una volontà di superamento che si propone come metanoia. […] – Claudio Hammerle Martelli -”